SI MIRA A UN RAPPORTO PRIVATO CON IL «SAN GIOVANNI»
E lo sfumato leonardesco
affiora nella penombra
«Guarda il lume e considera la sua bellezza. Batti l’occhio e riguardalo: ciò che di lui tu vedi, prima non era, e ciò che di lui era più non è»
«Guarda il lume e considera la sua bellezza. Batti l’occhio e riguardalo: ciò che di lui tu vedi, prima non era, e ciò che di lui era più non è». Sono parole di Leonardo da Vinci e racchiudono il senso della sua ricerca sul fenomeno della natura elevata a scienza e sul rapporto tra la realtà e la sua traduzione nell’arte. Il San Giovanni che il pubblico vedrà a partire da domani nella Sala Alessi di Palazzo Marino non è solo un giovane dal volto insolitamente imberbe e dal sorriso enigmatico che veste i panni del Battista con folti riccioli ramati, per cui Leonardo ha usato la tecnica degli studi in cui indaga i vortici e le spirali del moto d’acqua; le spalle nude, il torso avvolto in una pelliccia maculata, di leopardo o di lince a seconda delle interpretazioni, e il dito puntato in alto verso la penombra, dove si estende ciò che sta «oltre», rimandano alle teorie elaborate da Leonardo sull’arte della luce nel primo decennio del Cinquecento.
Cominciata a Firenze, dove gli è stata commissionata da Giovanni Benci, marito di Ginevra, ritratta da Leonardo nel dipinto alla National Gallery di Washington, la preziosa tavoletta è stata poi terminata a Milano e risale a un periodo compreso tra il 1508 e il 1513; oggi la tavola è normalmente esposta al Louvre ma per un mese potrà essere ammirata nella città dove Leonardo ha lasciato alcuni tra i suoi capolavori come pittore e come ingegnere, grazie a un’idea di Eni, alla collaborazione con il museo francese e con il comune di Milano. A un anno dal successo della Conversione di Saulo di Caravaggio, l’aspettativa intorno al San Giovanni Battista di Leonardo è grande e trasforma l’iniziativa di proporre al pubblico una sola straordinaria opera in un appuntamento ormai tradizionale, un regalo alla città.
Visitatori in fila in piazza Scala per il Caravaggio nel 2008 |
A Palazzo Marino ora i visitatori potranno riammirarlo, entrando in una sorta di «labirinto iniziatico» con pannelli didattici e un video che ripercorre proprio quella storica mostra, prima di giungere lentamente allo «scrigno della devozione», come lo definisce Elisabetta Greci, che ha pensato l’allestimento nella sala Alessi: «L’opera suscita turbamento, impone un rapporto privato. Per questo ho creato uno spazio raccolto per favorire il dialogo del singolo spettatore con l’opera, enfatizzato dalla musica». Lo spettatore si troverà così a tu per tu con l’universo luminoso e sospeso di Leonardo e della sua pittura, che nell’esposizione sono rafforzati da ciò che resta nascosto per lasciare spazio all’opera. «In tempi di sovrabbondanza sparire è un’ambizione», sottolinea Sandro Goppion, che ha progettato la vetrina che contiene il volto sorridente del Battista, una sorta di capsula trasparente antiriflesso e ad alta tecnologia conservativa: c’è ma non si vede. Così per l’illuminazione di Giuseppe Mestrangelo, che ha messo in risalto la luce stessa della tavola, che galleggia come nel vuoto. Intorno solo penombra per far emergere al meglio l’uso dello sfumato leonardesco, profondo e avvolgente, che il maestro otteneva con particolari effetti di chiaro scuro grazie alle velature sovrapposte per definire le parti in ombra del corpo del Battista.
«Ci sono tanti livelli di lettura di questo quadro sia da un punto di vista artistico e iconografico, che da quello filosofico. È un allegoria del precursore che allude alla divinità—dice Pietro Marani, tra i massimi esperti di Leonardo—. Il San Giovanni del Louvre è simbolo delle teorie dell’arte della luce, ma anche delle sottili ambiguità intellettuali dell’autore che in quest’opera ha voluto rappresentare insieme con il divino gli impulsi più segreti delle pulsioni erotiche e sessuali».
La statua di Leonardo |
«Leonardo a Milano. San Giovanni Battista. Dal museo del Louvre a Palazzo Marino», viene esposto a palazzo Marino - Sala Alessi, Piazza della Scala 2, da domani fino al 27 dicembre. Ingresso libero. Info: tel. 02/4507.6910. Orari: tutti i giorni dalle 11 alle 19.30; giovedì e sabato fino alle 22.30. Catalogo Skira, 144 pagine, 29 euro. La mostra è curata da Valeria Merlini e Daniela Storti ed è promossa e organizzata da Eni con il Comune di Milano e il Louvre. La produzione organizzativa e la direzione sono affidate ad «Aleart progetti d’immagine». Il quadro torna a Milano 70 anni dopo la mostra su Leonardo realizzata nel 1939 alla Triennale che verrà rievocata in una sorta di «labirinto iniziatico» attraverso pannelli didattici e un video.
L’opera
Un particolare del dipinto |
Il dipinto su tavola misura 69 centimetri per 57. L’iconografia del Battista è particolarmente legata a Firenze, di cui il santo è il patrono. Secondo alcuni studiosi il dipinto sarebbe stato iniziato a Firenze e terminato a Milano tra il 1509 e il 1510: in questo caso la sua realizzazione sarebbe compresa tra il secondo soggiorno fiorentino dell’artista e l’ultimo a Milano; secondo altri esperti, invece, l’esecuzione risalirebbe tra il 1513 e il 1515. La tavola è citata per la prima volta da Antonio De Beatis, segretario del cardinale Luigi d’Aragona, che l’ha visto nello studio di Leonardo a Cloux, in Francia, dove il maestro ha trascorso gli ultimi due anni. In seguito Gian Giacomo Caprotti da Oreno detto il Salaì, il «diavoletto», il giovane prediletto del maestro, riporta il dipinto a Milano ma, nel 1630, è a Londra nella raccolta di Carlo I. Comprato all’asta nel 1651 dai francesi Cruso e Térence, è rivenduto al banchiere tedesco Everhard Jarach che, a sua volta, lo cede al re Sole. A causa dei molti restauri e ridipinture, Berenson dubitò della sua autenticità, ma gli esami dei laboratori del Louvre tra il ’54 e il ’62 hanno dimostrato che la tavola è originale.
Rachele Ferrario
24 novembre 2009
Nessun commento:
Posta un commento