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L.van Beethoven

mercoledì 13 gennaio 2010

BIOGRAFIA 2 - LA CITTÀ FU IDEALE PER ESPRIMERE LE SUE QUALITÀ

Diventa anche scienziato
E infine il «sì» al re di Francia

Leonardo e Milano
Un amore in due tempi

Francesco I di Valois, re di Francia, in un dipinto di Francois Clouet
Il dipinto era di una straordinaria novità e «fu detto da coloro che capaci erano di giudicarlo, essere una delle più belle e rare opere che mai si sian viste in pittura». È probabile che Ludovico il Moro l’acquistasse per farne un prestigioso dono, nel 1493, all’imperatore tedesco Massimiliano per le nozze con la nipote Bianca Maria Sforza, matrimonio che portò finalmente in dote al signore di Milano l’agognato titolo di duca.

Nelle intenzioni di Ludovico, la chiamata di Leonardo doveva proprio servire a «modernizzare» Milano e infatti, fra gli incarichi che gli vennero affidati, c’era il progetto per il tiburio del Duomo, in gara con altri due grandi architetti rinascimentali, il Bramante e Francesco di Giorgio. La cattedrale gotica della città rivaleggiava sì con quelle del resto d’Europa, ma era appunto costruita in maniera barbarica, «alla tedesca» e non secondo le vere regole dell’arte classica. Alla fine, però, nel 1490, passò il progetto di due milanesi, l’Amadeo e il Dolcebuono.

Ma forse proprio perché arretrata nel sapere classico e scolastico, la città lasciò al giovane Leonardo, che conosceva a stento il latino, la possibilità di costruirsi un proprio sapere basato sull’osservazione pratica e non libresca. Fra i trenta e i quarant’anni, dedicatosi in tutta libertà agli studi delle proporzioni, dell’architettura, della meccanica, dell’ingegneria militare, delle macchine volanti e dell’anatomia, giunse alla scoperta di un ordine onnipresente, un unico disegno delle cose che metteva in relazione la forma del cranio con la pianta centrale delle chiese; la rete delle acque che attraversa la città con il sistema circolatorio del corpo umano. Fu grazie agli studi di Leonardo se il naviglio sforzesco divenne la spina dorsale di una ricca rete di canali sussidiari e sempre grazie a lui a Vigevano furono realizzate opere di ingegneria idraulica e rimodernata la città.

Il Cenacolo
La pittura, tutto sommato, era ormai diventata un interesse secondario, anche se proprio in quei fecondi anni milanesi Leonardo realizzò il suo capolavoro: l’«Ultima cena» dipinta nel refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie dove il Moro cenava con il priore i martedì e i giovedì.

L’opera che più lo impegnò fu però il monumento equestre di Francesco Sforza: Leonardo pensò a un colosso tre volte il naturale e nell’inverno del 1492 il modello in creta venne mostrato sotto un arco trionfale in Duomo, ma non venne mai trasposto in bronzo perché l’enorme quantità necessaria fu inviata nel novembre 1494 a Ercole d’Este per essere trasformata in cannoni contro i francesi, gli stessi che, entrati a Milano nel 1499 al seguito di Luigi XII, ne fecero il bersaglio delle loro frecce.

Ludovico dovette abbandonare Milano e lo stesso fece Leonardo dopo aver lì trascorso i diciotto anni più creativi della sua vita. Cominciò allora a vagare fra Mantova e Firenze; entrò al servizio del Valentino, figlio del papa Borgia, come ingegnere militare e nel 1503 la Repubblica di Firenze gli commissionò la Battaglia di Anghiari a palazzo Vecchio in concorrenza con la Battaglia di Cascina assegnata a Michelangelo. Un progetto che finì nel nulla. Ad agosto del 1506 il maresciallo Charles D’Amboise chiese a Firenze di lasciare Leonardo a Milano dove si era recato per onorare il contratto, vecchio ormai di oltre vent’anni, per la pala della Vergine delle Rocce, alla sua seconda versione; l’anno successivo fu lo stesso re di Francia e rinnovare la richiesta. Fino al 1513 (cioè anche dopo che nel 1512 gli Sforza avevano ripreso Milano) restò in città come «paintre et ingénieur ordinaire» del re di Francia, ma era ormai privo di veri protettori. Nel settembre 1513 partì alla volta di Roma dove Giuliano de’ Medici gli mise a disposizione uno studio al Belvedere, ma non trovò un proprio ruolo nella capitale dominata da Raffaello e Michelangelo. Quando Giuliano de’ Medici muore nel 1516, Leonardo accetta infine l’invito del nuovo re, Francesco I, di recarsi in Francia. La leggenda dice che morì nel castello di Cloux, ad Amboise, fra le braccia del re.

Francesca Bonazzoli
24 novembre 2009

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